Il Mensa, sia a livello italiano che internazionale, mira a scoprire e incoraggiare l’intelligenza umana a beneficio dell’umanità. Come associazione conosciamo quindi bene la differenza fra cultura e intelligenza, e sappiamo quanto sia necessario valutare quest’ultima con test che siano culture free, ovvero indipendenti dal percorso culturale del candidato. Ma non si tratta di un’idea moderna: già Socrate più di 2.400 anni fa riuscì a far dimostrare (implicitamente) il teorema di Pitagora a uno schiavo analfabeta.
La fisica, benché richieda studio e “cultura”, è una disciplina che si è sempre nutrita dell’intelligenza umana. Forse perché, come diceva Galileo, il libro della natura è scritto in linguaggio matematico.
Ecco quindi tre piccoli quiz in ordine crescente di difficoltà, che, a differenza dei quesiti che misurano l’intelligenza logica, non possono essere risolti col semplice ragionamento culture free, ma sono invece uno spunto per approfondire la conoscenza del mondo in cui viviamo, e il linguaggio che la scienza usa per descriverlo.
Il linguaggio della fisica: Relatività [FACILE]
Accade a volte che, mentre siamo in treno, e ci stiamo muovendo a bassa velocità nei pressi di una stazione, non si capisca bene se il treno è fermo oppure se si muove. In questa scena del 1984 tale sensazione di spaesamento è resa in modo grottesco. Ma ipotizziamo ora di trovarci su di un treno, con i finestrini oscurati: che tipo di esperimento potremmo fare per stabilire se siamo davvero fermi, oppure se ci stiamo muovendo (a bassa velocità e senza scossoni)?
Il linguaggio della fisica: Parità [MEDIO]
La luce è un’oscillazione di campi elettromagnetici, e questa oscillazione è orientata su un piano trasversale alla direzione del moto. In certi casi tutte le particelle di luce (fotoni) hanno questo piano di oscillazione orientato nello stesso verso: si parla allora di luce polarizzata linearmente.
Immaginiamo di lanciare un fascio di luce polarizzata attraverso una soluzione trasparente di zucchero (estratto dalle barbabietole). Quello che accade è che il piano di rotazione della luce ruota verso sinistra. Se però lo zucchero viene sintetizzato in laboratorio, in maniera artificiale, il piano di polarizzazione non ruota. Infine, se in questa soluzione di zucchero sintetico vengono introdotti dei batteri ghiotti di saccarosio, il fascio di luce verrà ruotato a destra.
Sapete spiegare questo paradosso?
E ancora: se guardiamo una mano destra attraverso lo specchio, sembrerà una mano sinistra. Mentre un’automobile che sfreccia lungo una Motorway britannica potrebbe, dentro lo specchio, sembrare in Italia. E se guardiamo l’esperimento attraverso uno specchio, anche la rotazione di un fascio di luce polarizzato viene invertita, da oraria ad anti-oraria e viceversa.
Ma comunque, in tutti questi casi, le leggi della fisica sono rispettate. Secondo voi esiste un esperimento di fisica che consentirebbe, a uno scienziato preparato, di stabilire se lo sta guardando dal vivo oppure attraverso uno specchio?
Il linguaggio della fisica: Spazio delle fasi [DIFFICILE]
Gli esercizi di fisica delle scuole superiori appaiono spesso noiosi. Si chiede, ad esempio, quanti secondi impiega a toccare terra una sfera di ferro, della massa di 5 chilogrammi, lasciata cadere da 90 metri di altezza. La soluzione si ottiene inserendo i valori numerici all’interno di una formula, e la faccenda non solo è estremamente noiosa, ma anche del tutto particolare. Infatti basta cambiare l’altezza o la massa della palla, e l’intera procedura va ripetuta dall’inizio.
Un passo in avanti si effettua con lo studio universitario della fisica, che consente di ottenere formule algebriche che generalizzano i risultati. Ad esempio ci potremmo chiedere quanto impiega a raggiungere il suolo una sfera di acciaio di massa M, lasciata cadere da un’altezza H, su un pianeta di raggio R e massa X, legato a una molla di costante elastica K.
Però anche in questo caso il risultato è limitato, in quanto legato a una situazione del tutto particolare, nonostante i valori delle variabili siano indicati con lettere (come H ed M) anziché con valori numerici come 5 kg o 90 metri.
Ora, secondo voi esiste una metodica che consenta di studiare un sistema fisico in maniera generale? Un modo per comprendere contemporaneamente tutti i possibili comportamenti che un sistema può manifestare, senza doverli indagare uno a uno? (Indizio 1: l’immagine qui sotto è la soluzione. Indizio 2: l’energia è il fulcro della questione)

Consulta le soluzioni ai Quiz di fisica di questo numero di QUID!
La risposta a questo quesito è tanto semplice quanto spiazzante: non esiste alcun esperimento che consenta di stabilire se siamo fermi (rispetto a un altro sistema di riferimento, quale ad esempio una stazione ferroviaria) o se ci muoviamo a velocità costante. Questo è il principio di relatività, che fu enunciato la prima volta da Galileo Galilei, il quale lo spiegò con l’esempio di una nave che si muove sulla superficie di un mare liscio (i treni non esistevano). Galileo affermò che, a suo parere, chi si trovava all’interno di una nave del genere non poteva stabilire in alcun modo se la nave fosse ferma o si stesse muovendo a velocità costante. La scoperta dei fenomeni elettromagnetici (tra cui la luce) sembrò sbugiardare Galileo, finché nel 1905 Albert Einstein enunciò un nuovo principio di relatività, in realtà uguale a quello di Galileo nel concetto, ma esteso anche ai fenomeni elettromagnetici, e questo rivoluzionò la fisica successiva e ancora oggi ci lascia pieni di interrogativi irrisolti.
Per cui potremmo affermare che il principio di relatività, anziché stabilire che tutto è “relativo”, in un certo qual modo ci racconta invece che “tutto è assoluto”.
Le molecole dette chirali sono asimmetriche per riflessione, un po’ come le viti o gli orologi, che prediligono il senso orario piuttosto che quello antiorario. Questa asimmetria è spesso in grado di ruotare il piano di polarizzazione della luce, e il saccarosio lo fa verso sinistra. Il motivo è di natura “storica”: le forme di vita terrestre, fra le due forme di zucchero sinistrorso o destrorso, sono capitate sulla prima e da allora è andata avanti così. Un po’ come è accaduto per le viti, che “storicamente” si sono diffusi in prevalenza come destrorse.
Se però lo zucchero viene sintetizzato in laboratorio, il risultato sarà una mescolanza in numero quasi uguale di molecole destrorse e sinistrorse, e la soluzione zuccherina non sarà quindi in grado di ruotare il piano di polarizzazione.
Infine, se vengono introdotti batteri, questi mangeranno lo zucchero sinistrorso, che è naturale e più buono, lasciando solo quello destrorso che a quel punto ruoterà il piano di polarizzazione verso destra.
Per quanto riguarda invece gli esperimenti di fisica, sebbene per lungo tempo si fosse ipotizzato che la natura rispettasse la simmetria per riflessione (un tipo di simmetria nota come “parità”), circa 75 anni fa si scoprì che l’interazione debole viola questa simmetria. Le “forze” fondamentali sono quattro: la gravità, l’interazione elettromagnetica, l’interazione nucleare forte (che ad esempio tiene insieme i nuclei) e l’interazione nucleare debole, che è responsabile dei decadimenti nucleare, cioè la trasformazione spontanea di un elemento chimico instabile in un altro o in un isotopo. Questa rottura della parità fu ipotizzata teoricamente da Tsung-Dao Lee e Cheng Nong Yang, allievi di Fermi a Chicago, e lo scoprì Chieng-Shiung Wu con un esperimento svoltosi a Washington D.C.
La natura parla il linguaggio della matematica. Questo sosteneva Galileo e così la pensano i fisici teorici, quegli scienziati che indagano sulla struttura del mondo “prima” degli esperimenti (il che li differenzia dai fisici sperimentali) ma senza prescindere da essi (il che li distingue dai filosofi).
Un tipo leggermente diverso di scienziato è il fisico matematico, che indaga la natura ma senza ipotizzare nuove leggi fondamentali (come fanno, in maniere diverse, sia i fisici teorici che quelli sperimentali), bensì cercando formulazioni nuove di leggi già scoperte, formulazioni che consentano però di vedere al di là delle colline dell’ignoranza.
Così è stato inventato (o scoperto) lo spazio delle fasi. Un luogo multidimensionale, da 2 a molti miliardi di miliardi di dimensioni, nel quale è possibile tracciare “traiettorie” che descrivono ogni possibile sviluppo del sistema studiato, secondo linee di flusso caratterizzate ognuna da un livello energetico diverso; linee che non si intersecano mai e che ci raccontano quasi tutto ciò che accade nel sistema in esame.
Nell’immagine sopra riportata abbiamo lo spazio delle fasi di un semplice pendolo. I due punti ideali, al centro dei cerchi più piccoli, rappresentano i livelli di energia basilari, nei quali il pendolo è fermo (nella posizione in basso, quando l’equilibrio è stabile, oppure in alto, in una verticale, in modo instabile) e nulla si muove. Le linee appena più esterne rappresentano un’energia di poco superiore: il pendolo oscilla, rallenta, si ferma, torna indietro, all’infinito (in assenza di attrito). Quando l’energia sale ancora, si arriva alle linee di flusso superiori, che rappresentano una dinamica ancora diversa: il pendolo, lanciato, ruota fino a completare molti giri completi.
In questo modo abbiamo ottenuto una descrizione di tutti i possibili comportamenti che il sistema può assumere. Lo sforzo può sembrare eccessivo, in questo caso tutto sommato semplice, ma quando il sistema è composto da molteplici parti che interagiscono fra loro, se non addirittura da una moltitudine di micro componenti, lo spazio delle fasi diventa uno strumento imprescindibile per la comprensione della natura. Ed è allora che fisici teorici e i fisici matematici lavorano insieme, avanzando gli uni sulle spalle degli altri, con buona pace di tutti gli altri…